Dal 29 dicembre attenti al WHISTLEBLOWING

Avv. Francesco Carbone – E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 2017 ed entrerà in vigore dopo i prescritti 15 giorni della vacatio legis, il cosiddetto whistleblowing.

E che sarà mai? Se l’avessero chiamata la “legge dei 30 denari” sarebbe stato forse più chiaro, ma visto che neanche quelli sono previsti è stato preferito un termine che non si capisce.

In pratica il testo disciplina le segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private da parte del dipendente che ne venga a conoscenza e regola gli strumenti a tutela del lavoratore denunciante.

Sembra di essere ritornati indietro di più di 50 anni, ai tempi de “Il maestro di Vigevano” di Elio Petri nel film con Albero Sordi, quando la Polizia Tributaria assoldava spie in incognito fra i lavoratori, che volevano arrotondare.

In tempi più recenti, poi, c’è stato Decreto Legislativo n. 23 del 2011, che aveva previsto la possibilità per gli inquilini di denunciare i propri locatori che affittavano in nero ed in cambio l’affittuario poteva registrare da sé il contratto di locazione con il vantaggio di avere un contratto di durata 4+4, con una canone praticamente ridicolo, pari cioè al triplo della rendita catastale

Insomma sembra che lo Stato incentivi la delezione.

Ora con questa nuova provvedimento (Legge n. 179 del 30/11/17), che ha un intento di fondo lodevole, si mira a tutelare il lavoratore dipendente, sia del settore pubblico, che di quello privato, che segnala al responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente o all’Autorità nazionale anticorruzione o ancora all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro. Per i motivi collegati alla segnalazione il denunciante non può essere soggetto a sanzioni, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto a altre misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulle condizioni di lavoro.

Ovviamente il whistleblower, letteralmente “una persona che lavorando all’interno di un’organizzazione, di un’azienda pubblica o privata si trova ad essere testimone di un comportamento irregolare, illegale, potenzialmente dannoso per la collettività e decide di segnalarlo all’interno dell’azienda stessa o all’autorità giudiziaria o all’attenzione dei media, per porre fine a quel comportamento”, deve denunciare in buona fede, cioè con «una ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto che la condotta illecita segnalata si sia verificata».

E già qui il primo problema: come accertare oggettivamente questa ragionevole convinzione?

Anche perché nel caso si accerti l’infondatezza della segnalazione o la mancanza della buona fede, scatta per lo stesso denunciante il procedimento disciplinare e l’eventuale licenziamento

Ma il vero problema è a monte: perchè un lavoratore che denuncia le irregolarità a cui assiste e lo fa per un normale senso civico e lo ha fatto anche prima di questa Legge, deve prima essere oggetto di sanzioni, demansionamenti, licenziamento, trasferimento e/o similari e solo dopo lo Stato interviene a sua tutela?

In buona sostanza perché lo Stato scarica le sue inefficienze sul singolo lavoratore e solo dopo si preoccupa di tutelarlo?

Questo modo di fare a posteriori non ha mai dato buoni frutti, basti pensare alla Legge 45/2001 istitutiva della figura del testimone di giustizia.

Quindi piuttosto di una protezione postuma occorrerebbe che il Parlamento si preoccupasse di emanare Leggi semplici, ma efficaci, stabilire sanzioni esemplari per chi ha il compito di controllare e volta lo sguardo dall’altra parte, servirebbe una legge seria sul conflitto di interesse al fine di evitare commistioni fra controllante e controllato (e il caso Boschi e Banca Etruria ne sono un fulgido ed attuale esempio), ma soprattutto servirebbero pene giuste e ancor di più certe.

Invece si continua con l’italico “Armiamoci e… PARTITE”.

 

A cura di Francesco Carbone

Avvocato e docente

www.francescocarbone.tk

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