Offendere su “Google Hangouts” non è reato. Lo dice la Cassazione

Non bastavano tutte le difficoltà e le storture della DAD, la Cassazione ci ha messo il carico da 11 con la sentenza di  pochi giorni fa e più precisamente con la n. 10905/2020 depositata il 31 marzo scorso.

Secondo gli Ermellini offendere l’interlocutore in video chat non è reato, ma configura la fattispecie (depenalizzata) di ingiuria, previsto dall’art. 594, ultimo comma c.p., al massimo aggravata dalla presenza (sempre virtuale) di più soggetti.

La Cassazione, infatti, ha dovuto ribadire la differenza fra le due condotte, perché il reato di diffamazione, punito dall’art. 595 c.c., si configura quando il soggetto offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva e non è in grado di confrontarsi con il suo offensore, mentre nell’ingiuria, la parte offesa è presente, anche se “virtualmente”.

Questa esemplificazione evidentemente non era così semplice da cogliere, tant’è che la Corte di Appello aveva condannato l’offensore per il reato di diffamazione.

La Cassazione, contestualizzando l’episodio avvenuto mediante chat vocale  su “Google Hangouts” ha escluso la diffamazione, perché la persona offesa, era presente – sebbene in chat – alle offese, riconoscendo soltanto l’ingiuria aggravata, perché alle offese erano presenti anche altre persone, che pero hanno solo ascoltato, senza partecipare in alcun modo.

E poiché l’ingiuria è stata depenalizzata, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 15/01/2018, n. 7, l’offensore se ne uscito con la fedina penale pulita.

Morale della favola: per la Cassazione essere presenti di persona oppure in chat ormai è la stessa cosa, così come per il MIUR non c’è più differenza fra didattica reale e didattica in presenza.

Digito ergo sunt con l’imprimatur della Cassazione.

Scritto il 03 aprile 2020 dall’Avv. Francesco CARBONE

Leggi altri articoli simili
Load More By Sindacato Scuola
Nessun Commenti